Lasciare l’America, quella che molti di noi sogniamo, che ti dà tanto ma ti stordisce con tutte le sue sfumature ed abitudini diverse, non é facile. Dentro di te hai come un vuoto, uno spazio da colmare. E’ tutto cosí esagerato che quando torni ti sembra tutto cosí piccolo, ma forse é cosí che si apprezzano maggiormente le semplicitá che abbiamo
I nostri tre ragazzi sono tornati alla base. Dopo aver affrontato il caldo di Canyons Endurance Run, sono sbarcati in Italia un paio di giorni fa. Li abbiamo intervistati, subito, senza far passare troppo tempo, cosí da avere le loro sensazioni a caldo, ancora con qualche sassolino da togliersi, con la voglia di tornare ma con la consapevolezza di aver dato il tutto per tutto… E soprattutto di essersela goduta km dopo km, burrito dopo burrito.
Alessio Zambon (100 km – 31esimo assoluto in 11h51′)
”Si puó essere soddisfatti in diversi modi: é positivo il fatto di non aver mollato nonostante una grossa crisi. Alcuni anni fa avrei alzato bandiera bianca per molto meno. Rispetto al risultato, contento per la prima parte di gara perché non mi apparteneva rispetto ai ritmi e alla velocitá, un pó deluso sulla parte di tenuta: le gare si vincono alla fine, non a tre quarti.
Un altro aspetto da tenere in considerazione é stato il posizionamento sul calendario. Non siamo abituati a correre una 100 km cosí presto, soprattutto corribile e calda. Questo aspetto ha inciso tanto sulla performance e non solo per me. Le aspettative erano stare nelle 10 h ma dopo 70 km ben gestiti ho dovuto rimettermi in discussione e rallentare drasticamente per chiudere la gara. Per tutto il resto, rimane un’esperienza unica, il viaggio parla da sé.
I sentieri sono stupendi anche se ció che c’é intorno é molto anonimo: il panorama non si avvicina minimamente alla nostre Dolomiti o al Monte Bianco. Ma correre li, dove sono nate le ultra, é qualcosa di magico. Poi si sa, gli amicani sanno caricare bene questi eventi e renderli effetto ”WOW”. Dai volontari agli atleti locali, per loro il trail é una religione, uno stile di vita. Se quest’ultimi ti davano il cinque per incitarti mentre li superavi, i volontari sapevano perfettamente la distanza tra un ristoro e l’altro, le caratteristiche di quel determinati tratto e le posizioni in cui eravamo.
Ultimo aneddoto che ci tengo a raccontare, ma soprattutto a citare, perché mi ha letteralmente salvato quando non ne avevo piú, sono state le parole del mio coach, Tommaso, che prima di partire mi aveva detto: ”Se non é la giornata giusta apprezza quello viene seguendo la loro filosofia” . Cosí ho fatto e sono arrivato al traguardo.
Torno a casa con molti punti su cui lavorare, tante certezze e con troppa voglia di tornare negli States.”



Roberto Mastrotto (100 km – 8° assoluto in 10h01)
“Canyons ha rispettato tutte le aspettative. Ho avuto modo di vivere l’esperienza che speravo: dal road trip fino ai nastri di partenza e ai sentieri della Western States e Way Too Cool, attraversati lungo il percorso. E’ stato pazzesco trovarsi lì con pochissimo materiale obbligatorio, con un clima molto piú semplice e alla mano rispetto a tante gare europee. C’era il contorno un pò pompato delle UTMB World Series, essendo questa gara Major, ma traspariva l’essenza del trail americano. I sentieri sono velocissimi e niente di tecnico: è tutto da correre ed è strano trovarsi in gruppi molto nutriti per gran parte dei km e far ritmo sulla terra rossa. E’ molto diverso da ciò a cui siamo abituati.
Alla competizione è stato aggiunto un pò di pepe con l’arrivo del caldo inaspettato. Fino a metá gara é andato tutto liscio, quando il sole è arrivato sopra le nostre teste, le temperature si sono alzate drasticamente, facendomi prendere una bella botta di calore, mai avuta così forte. Prima di questo inconveniente, peró, ho avuto un altro problema. Le strade erano molto contorte e simili tra di loro e mi sono ritrovato fuori traccia, anche se in realtà ero solo spostato di qualche metro. Ma tra me e quello che credevo essere il sentiero corretto c’era un fiume da guadare e non sapevo come fare. Ho visto esserci un ristoro (facente parte del terzo loop) sull’altra sponda e ho provato ad urlare per capire come raggiungerli. Preso un pò dalla disperazione, ho cercato di raggiungere la sponda del fiume per attraversarlo ma l’unica cosa che ho rischiato di fare è pestare un tacchino selvatico. Finalmente il GPS è rinsavito e sono tornato sulla giusta strada (su sui ero già).
Il caldo vero ha iniziato a farsi sentire dalla salita su asfalto di inizio terzo loop dove sono riuscito a mantenere un buon passo, arrivando però molto sfatto a Mammoth Bar. Da lì a Drives Flat è stato il punto più down della gara dove il caldo mi ha fatto lasciar giù molti minuti. A Drives Flat ero più di la che di qua collassato su una sedia di tela e continuamente spugnato con acqua gelida e ghiaccio. Questo insieme all’anguria salata e ad almeno un litro e mezzo di liquidi mi ha non so come fatto rinascere e da lì ho trovato energie e un passo che mai avrei creduto, chiudendo la gara con un gran finale ed uno sprint ad 1,5 km recuperando pure una posizione.
L’arrivo è stato qualcosa di fenomenale: le ultime 4 miglia, anche se tutte in salita, (6,4 km circa) sono emozioni indescrivibili. Tagli il traguardo in mezzo a moltissima gente, che urla e fa il tifo. Trovi forze inaspettate per sorridere e dire: “Ok, ci sono riuscito.” Ed io ho lanciato anche il cappellino per aria con ancora ghiaccio dentro.
Ho preso la cintura, ora vediamo di conquistare la fibbia con una 100 miglia americana.”



Michele Meridio (50 km – 8° assoluto in 4h04′)
“La gara è andata bene, sono contento del mio risultato. E’ stata un’esperienza incredibile e ha soddisfatto tutte le mie aspettative.
Vedendo l’altimetria e cercando di intuire come potesse essere il percorso, avevo stimato 4h15′-20′ ma una volta in gara ho visto che sarei stato sotto il tempo prefissato chiudendo in 4h04′. Peccato per quei quattro minuti che mi avrebbero permesso una quinta posizione.
Analizzando a mente fredda, sono contento di come ho gestito la gara. Ho seguito i tempi della tabella e ho preso i gel nei momenti giusti.
Altra cosa che mi riempe di orgoglio è aver portato a casa in modo corretto una distanza abbastanza nuova. E’ da poco che approccio a questo chilometraggio e chiuderla così non può che incoraggiarmi ad andare avanti in questa direzione.
La partenza è stata strana: ero pronto a fare il mio ritmo senza seguire i primi che avrebbero tenuto una velocità superiore alla mia. Invece mi sono ritrovato con Hayden Hawkes, Eric Lipuma ed altri ragazzi a correre tutti insieme, senza forzare, per circa 10 km.
Al 12esimo km, però, il passo è cambiato e ho preferito staccarmi per non dare il giro, visto che la gara era ancora lunga. Da lì in avanti ho proseguito da solo, dando una grande prova di gestione mentale durante quei km. Unico neo è stato l’idratazione, un pò minima per il caldo comparso quel giorno. L’ultima ora, infatti, l’ho patita molto, facendomi perdere quei minuti preziosi per recuperare posizioni ed entrare nella top five. Ho comunque gestito bene fino al 35esimo km quando mi è arrivata una leggera crisi, superata dopo l’eterno km che mi ha portato al 36esimo. Ultima “mina” è stata a 4km dal traguardo, dove ho impiegato davvero troppo tempo per chiudere quella salita e tagliare la finish line.
Cosa mi porto a casa? Il viaggio per arrivare in partenza, che ci ha stancato un pochino, ma che ha reso ancora più incredibile essere lì a lottare con i grandi dello sport. Tornerò a correre negli States, dove ho trovato persone fantastiche e lo sport vissuto a 360 gradi. Per loro vige la regola “all or nothing”: dare tutto o niente. Se quel giorno qualcuno ne ha di più, good job man, sono contento per te che dimostri quanto vali.
Ecco questo mi è rimasto dentro, questo mi porto a casa.”
